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Storia, siti, monumenti

Ultima modifica 17 aprile 2024

In un territorio ricco di siti archeologici sull'una e l'altra sponda del fiume Dirillo, dirillo_ridottaun tempo imponente per la portata di acqua, tanto da essere navigabile, Acate si pone quale unico centro abitato dalla storia per certi versi ancora oscura.
Il legame con territorio costituisce motivo di grande interesse per le numerosissime tracce di insediamenti presenti a partire dall'età preistorica.
Fra questi uno dei pochi siti sottoposti a scavo stratigrafico è quello neolitico di Poggio Biddini, situato a mezza costa, sulla sosponda destra del Dirillo. Sul fondovalle pare dovette poi sorgere in epoca romana (età repubblicana) la città di Bidis, ricordata dalle fonti storiche, individuata da Biagio Pace, ma non altrimenti documentata, se si escludono ritrovamenti di cocciame sparso e monete in una vasta area trasformata dalle attività agricole.

Molti siti della nostra valle del Dirillo hanno avuto sorte analoga: basti ricordare le contrade Pirrera, Canale, Codda, Casale, Tatappi, Cozzo Cicirello,Piano del Pizzo: scarsi frustali, monete, resti ceramici, tratti murari sono quel che resta da decenni di trasformazioni ed espoliazioni, ma rendono comunque possibile ricostruire la fisionomia della valle che, a partire dall'età greca, venne colonizzata mediante l'insediamento di casali quali centri agricoli produttivi.
Fertilità del suolo, abbaondanza d'acqua per usi irrigui, facilita dunque gli elementi che perpetuarono la vita e l'attività di questi nuclei abitativi negli stessi siti, anche in età romana e bizantina.

La produttività dei latifundia in epoca romana imperiale toccò livelli mai raggiunti prima, e ciò è documentato dalla Villa di Cozzo Cicirello, l'unico altro sito regolarmente scavato e sottoposto a saggi, i cui pochi resti lasciano solo supporre quali dovettero essere le sue dimensioni ed il suo sfarzo.
Nei secoli bui che seguirono, a causa delle incursioni di pirati e dell'invasione araba, solo alcuni casali bizantini sopravvissero, trasferendosi in posizioni soprelevate rispetto al fondovalle.
Fra quesi l'insediamento di Torre Vecchia di Casale che da masseria fortificata andò via via assumendo nel corso dei secoli la fisionomia di grosso borgo feudale.

Qualche secolo dopo, placate le incursioni dei vari invasori di turno, cessate le guerre per il dominio dell'isola e riconosciuto un potere forte ed unitario, venne fondata sulla sponda sinistra del Dirillo quella che ormai con tutta probabilità va indentificata con la città di Odogrillo, di  cui si erge un imponente tratto di mura.
Molti segni indicicano la grande estensione di questo sito, che attende di essere sistematicamente indagata e che sicuramente costituisce un rarissimo esempio di struttura urbana, fiorente tra l'XI ed il XIV secolo, poi abbandonata e mai riedificata: ben si comprende l'eccezionalità che si offre all'archeologia medievale.
Nel corso del XV secolo l'eredità di Odogrillo, che andò rapidamente spopolandosi, dovette essere raccolta dal borgo che nel frattempo si sviluppò a Torre Vecchia di Canale, quel Casale Biscari protetto non solo dalla natura dei luogi e da un estesa cinta muraria, ma anche da una grande Abbazzia, il cui nucleo originario, poi ampliato e rimaneggiato nel corso dei secoli, prospiciente la valle e la C.da Canale, si attesta tra l'odierno Piano San Vincenzo e la via San Giuseppe.
Questa Abbazia dovette costituire il fulcro politico ed economico attorno al quale si svolgeva la vita fiorente del borgo.
retro castello_ridottaIl feudo, a partire dall'età angioina, fu oggetto di diverse concessioni e passaggi, finchè ne fu investito Guglielmo Raimondo Castello che, nel 1494, edificò il Castello e il nuovo borgo (quartiere San Vincenzo), con l'aiuto di quegli stessi abitanti che, trovando condizioni di vita dignitose e protezione, coltivarono le terre feudali, crescendo di numero e aumentando le risorse.
Diversi feudatri si avvicendarono prima di Agatino Paternò Castello, che nel 1633 ricevette da Filippo IV di Spagna il titolo di Principe di Biscari: a lui si deve l'ampliamento dell'abitato verso l'interno dell'altopiano, realizzato secondo un disegno complessivo e unitario, un impianto urbanistico a maglie ortogonali, in cui gli edifici monumentali si inserirono armonicamente a conclusione scenografica degli spazi.
Il castello venne ampliato, inglombando le primitive strutture; la fronte principale venne spostata sul lato sud, l'intera struttura abbellita, tanto da assumere la fisionomia di palazzo baronale di città. Vi fu annessa la Chiesa di San Giuseppe (che sarebbe poi stata dedicata a San Vincenzo), forse come ampliamento della cappella nobiliare.
Vennero inoltre edificate la Chiesa di Sant'Agata (incorporata nel 700 nel Collegio di Maria, oggi Istituto del Sacro Cuore, in via Duca d'Aosta), la Chiesa di Sant'Antonio (poi Chiesa del Carmelo, in pizza Crispi) ed infine la monumentale Chiesa Madre, dedicata al Patrono della Città San Nicolò.
Sotto il principato del successore di Agatino, Ignazio Paternò Castello, avvenne il terremoto del 1693, che dovette arrecare gravi danni agli edifici più monumentali: semidistrutta e ampiamente lesionata, del tutto crollate le volte del transetto (di cui restano gli archi, visibili sopra le Sacrestie Vecchie), la Chiesa Madre venne riedificata in forme più modeste. Danneggiato fu pure il Castello, specialmente nell'ala Nord ed Est.

A Vincenzo Paternò Castello, succeduto al padre Ignazio nell'anno 1700, si deve l'ampliamento nel 1727 della Chiesa di San Giuseppe e la sua intitolazione a San Vincenzo, a seguito della collocazione in essa del corpo del Santo Martire, che ancora oggi vi è venerato. Durante questo suo principato venne edificato inoltre il Convento dei Frati Cappuccin (1737) ed il Collegio di Maria (1739), eretto sulla primitiva Chiesa di Sant'Agata, come già accennato.
L'attività edilizia promossa dai Principi di Biscari e l'espansione urbanistica del centro si accompagnarono ad un costante sviluppo economico che, sotto l'illuminata guida di Vincezo, conobbe particolare impulso. Infatti oltre alle tradizionali colture della canapa, del lino e del riso, fu voluta dal Principe una manifattura di tessuti di pregio.
La fisionomia di Biscari era così già delineata e completa di tutti i suoi monumenti e le linee di  espansione già tracciate.


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